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Osservatorio Bioriciclo

FAQ - Domande e risposte

Cosa si intende per imballaggio?

Per imballaggio si intende un manufatto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere dei prodotti, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerli, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all’utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo.

Ad esempio, gli shopper in bioplastica biodegradabile e compostabile sono imballaggi, mentre i sacchetti per il conferimento dell’organico in bioplastica biodegradabile e compostabile non possono essere considerati imballaggi perché la loro funzione è quella di contenere un rifiuto e non un prodotto.

Nel contesto del riciclo del rifiuto organico in Italia gli imballaggi compostabili vengono impiegati principalmente per il settore degli alimenti quali p.es. sacchetti per l’ortofrutta, confezioni per alimenti, stoviglie mono-uso e altri.

La biodegradabilità è la potenzialità di un manufatto di decomporsi in anidride carbonica e acqua grazie all’azione di microrganismi.
La compostabilità è la capacità di un manufatto di biodegradarsi in condizioni ben definite, sia del tempo sia delle caratteristiche ambientali (l’azione di agenti chimico-fisici e biologici, condizioni aerobiche, temperatura, ecc.) che solamente il processo di compostaggio può garantire.
Quindi un manufatto biodegradabile non è detto che sia anche compostabile, mentre normalmente tutti i materiali compostabili sono anche biodegradabili.
Per conoscere se un materiale possiede le caratteristiche di compostabilità esiste uno standard europeo a cui far riferimento. Si tratta della norma europea EN 13432:2000, recepita anche dall’ente di unificazione italiano UNI (UNI EN 13432:2002), “Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione – Schema di prova e criteri di valutazione per l’accettazione finale degli imballaggi”.

La norma UNI EN 13432:2002 è una norma su base volontaria armonizzata a livello di Unione Europea e stabilisce i requisiti che un imballaggio deve possedere per poter essere recuperabile mediante impianti industriali di compostaggio, ovvero per essere definito “biodegradabile e compostabile” ed essere recuperato mediante riciclo organico.

 

Entrando nel dettaglio, la norma prevede:

  1. la caratterizzazione del manufatto ovvero la determinazione del contenuto di carbonio organico, solidi volatili e di sostanze pericolose (per esempio metalli pesanti e fluoro) che devono avere concentrazioni al di sotto di limiti ben definiti da norma.
  2. il test di biodegradabilità, ovvero la verifica che almeno il 90% del manufatto in test si biodegradarsi in massimo 6 mesi.
  3. il test di disintegrazione (test che il CIC esegue su scala industriale, in impianto di compostaggio) ovvero la verifica che almeno il 90% del manufatto si frammentarsi e raggiunga una dimensione inferiore a 2mm durante un processo di compostaggio che abbia una durata massima di12 settimane.
  4. la valutazione della qualità del compost ottenuto al termine del test di disintegrazione, di cui si valutano la rispondenza dei parametri chimico-fisici ai requisiti normativi e l’assenza di un effetto ecotossico sulle piante.

La norma UNI EN 13432:2002 è stata sviluppata per gli imballaggi, mentre la norma UNI EN 14995:2007 è stata sviluppata per le materie plastiche.

Entrambe le norme riportano i requisiti che un materiale o un manufatto deve possedere per essere considerato “biodegradabile e compostabile”.

La norma UNI EN 13432 prevede, innanzitutto, un test iniziale sul manufatto che vuole essere certificato biodegradabile e compostabile che comporta la determinazione del contenuto di carbonio organico, solidi volatili e di sostanze pericolose (per esempio metalli pesanti e fluoro) che devono avere concentrazioni al di sotto di limiti ben definiti da norma.

Oltre a questo, per verificare che non ci siano problemi legati alla presenza di possibili contaminanti, sul compost ottenuto durante il processo di disintegrazione si esegue l’analisi della qualità del compost, in cui si valuta la rispondenza dei parametri chimico-fisici ai requisiti normativi e l’assenza di un effetto ecotossico sulle piante.

MNC, significa materiale non compatibile con il processo di compostaggio, in base alla definizione presente nella prassi UNI-CIC, UNI/PdR 123:2021; si tratta di materiali quali vetro, metalli, plastiche convenzionali che intuitivamente non sono biodegradabili e compostabili. Tali materiali presenti erroneamente nella raccolta differenziata del rifiuto organico che devono essere allontanati dal trattamento in impianto per prevenire danni ai macchinari ed impurità nel compost prodotto.

 

Riportiamo un elenco esemplificativo di materiali non compatibili con il riciclo organico:

– sacchetti di conferimento in plastica tradizionale

– manufatti in plastica tradizionale (es capsule per caffè)

– manufatti e residui in vetro (es vasetti per marmellata)

– manufatti e residui in metallo (es scatoletta per tonno)

– materiali inerti (es tazzina caffè)

– prodotti sanitari assorbenti

Le bioplastiche sono materiali innovativi costituiti da diverse famiglie di polimeri che, grazie alle loro caratteristiche possono essere considerate come un’alternativa sostenibile alla plastica tradizionale derivata da fonti fossili, soprattutto per manufatti utilizzati nel settore alimentare.

Con bioplastica quindi si intente una tipologia particolare di plastica che può:

  • derivare interamente da materie prime di origine fossile ed essere biodegradabile (per esempio PBAT, PCL, PBS)
  • derivare parzialmente o interamente da biomasse (di origine bio-based) e non essere biodegradabile ma riciclabile assieme alla plastica di origine fossile (per esempio bio-PET, bio-PP, bio-PE)
  • derivare parzialmente o interamente da biomasse (di origine bio-based) ed essere biodegradabile (come ad esempio PHA, PHB e le plastiche a base di amido come il PLA)

Per maggiori informazioni Bioplastica compostabile e biodegradabile | Biorepack

 

Fig.1 Classificazione delle plastiche in base all’origine e alla proprietà di biodegradabilità. Nel riquadro rosso le bioplastiche biodegradabili.

Fig.1 Classificazione delle plastiche in base all’origine e alla proprietà di biodegradabilità. I riquadri rosso e arancione racchiudono le bioplastiche.

Fig.1 Classificazione delle plastiche in base all’origine e alla proprietà di biodegradabilità. Nel riquadro rosso le bioplastiche biodegradabili.

 

Come mostrato in Fig.1 riquadro rosso, solo le bioplastiche biodegradabili di origine fossile (PBAT, PBS, …) oppure a base biologica (PLA, PHA, …) grazie alle loro proprietà possono essere conferite, se certificate anche compostabili secondo la UNI EN 13432, con il rifiuto organico, soprattutto quando utilizzate nel settore alimentare (stoviglie, contenitori per alimenti, sacchetti per il conferimento della frazione organica, vassoi, retine, film, …).

I manufatti in bioplastica biodegradabile e compostabile, come ad esempio sacchetti ultraleggeri, imballaggi per alimenti, piatti e bicchieri, sono riconoscibili dalla presenza di uno dei marchi di certificazione di compostabilità, come ad esempio il marchio COMPOSTABILE CIC (per approfondimenti Compostabile CIC – Consorzio Italiano Compostatori), e dal riferimento alla norma UNI EN 13432 per gli imballaggi e alla norma UNI EN 14995 per gli altri manufatti diversi dagli imballaggi. Inoltre, per facilitare la raccolta differenziata, il legislatore ha previsto che sia presente anche l’indicazione per un corretto conferimento, come ad esempio la dicitura “conferire con il rifiuto organico”.

Inizialmente i manufatti biodegradabili e compostabili sono nati e sono stati sviluppati per rispondere alla richiesta di poter disporre di manufatti che agevolassero la raccolta differenziata dello scarto umido ed essere inclusi nel flusso nel riciclo organico senza rappresentare un fattore di contaminazione fisica del processo di compostaggio industriale. Secondo lo stesso principio successivamente sono stati sviluppati anche imballaggi in bioplastica, che a fine vita, possano essere trattati negli impianti di compostaggio industriale.

In Italia la raccolta congiunta delle bioplastiche compostabili con il rifiuto organico (e nello specifico con la frazione umida) è espressamente prevista dalla normativa nazionale sui rifiuti (Dlgs 152/2006 e s.m.i); la stessa normativa ha imposto che la raccolta differenziata della frazione organica diventasse obbligatoria in tutti i Comuni Italiani entro il 31/12/2021.

Per legge per la raccolta differenziata del rifiuto umido devono essere sempre utilizzati dei sacchetti “biodegradabili e compostabili”. In particolare, è possibile utilizzare dei sacchetti appositi, ovvero prodotti proprio con lo scopo di essere utilizzati per la raccolta del rifiuto organico, o riutilizzare gli shopper (i sacchetti della spesa).

La norma prevede che i sacchetti siano conformi e certificati ai sensi della norma UNI EN 13432 (per approfondimenti su come opera una certificazione vedi Compostabile CIC – Consorzio Italiano Compostatori). I sacchetti certificati debbono riportare la menzione di conformità alla norma, elementi identificativi del produttore e dell’ente certificatore.

Di seguito riportiamo tre loghi relativi ai principali schemi di certificazione:

compostabile
ok_compost
industrial compostable

No, in quanto la norma UNI EN 13432 certifica la compatibilità con il compostaggio industriale.

Questo perché nella compostiera domestica la trasformazione del rifiuto organico in compost avviene a temperature più basse e in tempi più lunghi rispetto a quanto avviene negli impianti di compostaggio industriale. Inoltre, in un processo di compostaggio su scala industriale sono previsti controlli ed analisi sistematiche per valutare la qualità del compost prodotto, anche in termini di impurità fisiche eventualmente presenti.

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